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Riconosciuto il diritto dei precari al 30 Giugno alla liquidazione delle ferie non godute dal 2013 in poi

Arrivano le decisioni dei giudici e finalmente si fa chiarezza sull’annosa questione delle ferie non godute e il conseguente diritto alla liquidazione delle stesse per i docenti con contratti al 30 giugno dal 2013 in poi.

I precari di lungo corso ricorderanno come, prima del 2013, la fruizione delle ferie nei periodi di sospensione delle lezioni nel corso dell’anno scolastico non era obbligatoria.

Pertanto, il personale docente a tempo determinato che, durante il rapporto di impiego, non chiedeva di fruire delle ferie durante i periodi di sospensione delle lezioni, riceveva un pagamento sostitutivo delle stesse al momento della cessazione del rapporto.

Poi arrivò la spending review (D.L. 95/2012, così come convertito dalla legge 135/2012, ha previsto al suo articolo 5, comma 8). Tale norma introduce il principio della necessaria fruizione delle ferie da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ed il conseguente (peraltro solo ”tendenziale”) divieto di monetizzazione delle stesse.

L’interpretazione della norma ha spinto dal 2013 in poi il MEF a non liquidare nessuna somma ai docenti con contratti al 30 giugno, presumendo che i giorni di ferie maturati durante l’anno scolastico, fossero sempre, tutti, fruiti durante i giorni di sospensione dell’attività didattiche.

Posizione molto di parte quella dal MEF e non in linea con l’interpretazione letterale della legge, secondo l’avvocato Giovanni Rinaldi.

Il comma 54 dell’art. 1 della legge di stabilità stabilisce infatti che “Il personale docente di tutti i gradi di istruzione fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato e alle attività valutative. Durante la rimanente parte dell’anno la fruizione delle ferie è consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”.

Quindi, aderendo al dettato normativo, l’indennità spetterà, in ogni caso, per i giorni di ferie residui (differenza tra numero complessivo di giorni maturati in favore del docente e il numero dei giorni fruiti obbligatoriamente per effetto dell’art. 1 comma 54 nel corso della sospensione delle lezioni e di quelli ulteriori fruiti dal docente a domanda).

In pochi giorni, con 5 distinte sentenze, i Tribunali di Torino ed Ivrea hanno confermato la tesi dell’Avvocato Giovanni Rinaldi e dei colleghi dell’ANIEF.

La decisione fa giustizia a migliaia di precari che dal 2013 hanno stipulato contratti al 30 giugno e che ora potranno rivolgersi ai giudici per richiedere la liquidazione delle ferie residue non fruite.

Si tratta di importi che si aggirano a circa € 800/1000 per anno scolastico.

 

Per informazioni:

rinaldi.ricorsi.segreteria@gmail.com o 015.0992541

oppure

contattare ANIEF

 

 

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Regione Valle D’Aosta condannata a corrispondere la retribuzione professionale a docente precaria

Anche il Tribunale di Aosta ha riconosciuto il diritto di una docente precaria a percepire la retribuzione professionale docenti.
Con sentenza n. 31 del 13 settembre 2019 la Regione Valle D’Aosta è stata condannata a corrispondere alla docente la somma di € 2.863,43.
L’indennità spettante infatti non era stata corrisposta durante il periodo di lavoro con contratti brevi e saltuari.
Il Tribunale ha aderito infatti ai numerosi precedenti già ottenuti dallo studio legale Rinaldi nei tribunali di Torino, Genova e Ivrea e all’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte ( Cass.Sez. -Lavoro – Ordinanza n. 20015 del 27/07/2018) secondo cui “l’art. 7, comma 1, del c.c.n.l. per il personale del comparto scuola del 15 marzo 2001, che attribuisce la “retribuzione professionale docenti” a tutto il personale docente ed educativo, si interpreta – alla luce del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE – nel senso di ricomprendere nella previsione anche tutti gli assunti a tempo determinato, a prescindere dalle diverse tipologie di incarico previste dalla l. n. 124 del 1999, sicché il successivo richiamo contenuto nel comma 3 alle “modalità stabilite dall’art. 25 del c.c.n.i. del 31.8.1999” deve intendersi limitato ai soli criteri di quantificazione e di corresponsione del trattamento accessorio e non si estende all’individuazione delle categorie di personale richiamate dal predetto contratto collettivo integrativo”.

LINK
https://www.anief.org/index.php?option=com_anief&view=ricorso&id=623:precari-ricorso-rpd&cid=93:personale-precario&Itemid=1160

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Accolto ricorso contro il modus operandi della Dirigente scolastica dell’I.I.S. “Virgilio” di Mussomeli (CL)

dirigente-scolasticoAlla vigilia del concorso per Dirigenti scolastici, sarebbe bene che tutti i docenti riflettessero sulle molteplici responsabilità e oneri che tale incarico comporta. Diversi sono gli errori nei quali possono incorrere i Dirigenti che non approfondiscono determinate conoscenze procedurali.

Con provvedimento n. 2394/2017 il Consiglio di Stato, Sezione Seconda, ha espresso parere favorevole sul ricorso al Presidente della Repubblica promosso nel 2015 da un gruppo di docenti in servizio presso la scuola secondaria superiore I.I.S. “Virgilio” di Mussomeli in provincia di Caltanissetta. I medesimi hanno portato in Tribunale la loro Dirigente scolastica pro tempore in merito ad una seduta del Collegio dei docenti in cui veniva votata e respinta a maggioranza la proposta dell’ampliamento dell’offerta formativa.

La diatriba nasce in merito alla richiesta della Dirigente scolastica di votare una seconda volta in un collegio dei docenti del mese di dicembre, pensato ad hoc, la medesima proposta di ampliamento dell’offerta formativa già respinta nel Collegio dei docenti del mese di novembre.collegio_dei_docenti-273x300

Il Collegio dei docenti è organo adibito all’elaborazione del Piano triennale dell’offerta formativa come stabilito prima dal T.U. D.lgs. n. 297/1994, poi dall’art. 3 del D.P.R. n. 275/1999 ed ancora dalla Legge n. 107/2015, art. 1, c.14 sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione  definiti dal Dirigente scolastico.

Il  piano è  il  documento  fondamentale  costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni  scolastiche ed  esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano  nell’ambito della loro autonomia. Vero è che il Dirigente scolastico definisce gli indirizzi per l’ampliamento dell’offerta formativa, ma organo deliberante è e resta il Collegio dei docenti. Il ricorso è stato accolto per l’eccesso di potere, carenza di motivazione, arbitrarietà, illogicità, irragionevolezza, falsa applicazione della normativa di settore e sviamento di potere, violazione e falsa applicazione del principio di buon andamento e imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 della Costituzione. Il modus operandi della Dirigente scolastica dell’I.I.S. “Virgilio” di Mussomeli in provincia di Caltanissetta si è rivelato arbitrario, pertanto condannabile dal supremo organo di giustizia amministrativo.

Quali le conseguenze?

Il provvedimento una volta annullato in sede giurisdizionale, costituendo il presupposto unico ed imprescindibile dei successivi atti consequenziali, esecutivi e meramente confermativi, farebbe venir meno travolgendoli automaticamente gli atti successivi. Gli effetti dell’atto e di quelli consequenziali sarebbero caducati ab origine. Tra l’atto principale e quello consequenziale vi è difatti un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente.

Nel caso de quo, a causa della nullità della delibera del Collegio dei docenti, verrebbero travolti i due provvedimenti consequenziali: nello specifico la deliberazione commissariale emessa dalla Provincia regionale di Caltanissetta e il decreto assessoriale dell’Assessorato Regionale dell’Istruzione e formazione professionale della Regione Sicilia.

 

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Corte di Giustiza Europea: Storica Sentenza Mascolo del 24 novembre 2014

1375904_1015045365189115_7460829884768065968_nVittoria storica del sindacato ANIEF, cinque anni dopo la denuncia alla stampa e un contenzioso avviato presso le Corti del lavoro per migliaia di supplenti. Le norme italiane sulla scuola violano la direttiva comunitaria.

Ora 250mila precari possono chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro, oltre agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio e le mensilità estive su posto vacante. Coinvolto tutto il pubblico impiego: il sindacato avvia ricorsi anche per precari Afam, Sanità, Regioni, Enti locali.

“Quella scritta oggi a Lussemburgo è una pagina storica che pone fine alla precarietà nella scuola e in tutto il pubblico impiego: ora è assodato che non esistono ragioni oggettive per discriminare personale docente e Ata assunto a tempo determinato nella scuola italiana dal 1999”. Così sintetizza Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, la decisione dei giudici di Lussemburgo dopo la lettura della sentenza avvenuta stamane presso la Corte di Giustizia europea sull’abuso dei contratti a termine.

I giudici sovranazionali hanno spiegato che la direttiva comunitaria osta a una normativa nazionale che autorizza, in attesa dell’assunzione del personale di ruolo, il rinnovo dei posti vacanti e disponibili, senza indicare tempi certi ed escludendo possibilità di ottenere il risarcimento danno. Pertanto, ha spiegato la Corte, non esistono criteri oggettivi e trasparenti per la mancata assunzione del personale con oltre 36 mesi di servizio, né si prevede altra misura diretta a impedire il ricorso abusivo al rinnovo dei contratti.

È una sentenza che coinvolge un numero altissimo di lavoratori precari italiani: solo nella scuola, l’Anief ha calcolato, sulla base dei dati Miur e Inps, che sono infatti più di un milione e mezzo le supplenze annuali (fino al 31 agosto) e al termine delle attività didattiche (fino al 30 giugno) conferite in questi anni ai docenti, a fronte di 250mila immissioni in ruolo e 300mila pensionamenti: “ora quei precari devono essere tutti assunti e risarciti”, sottolinea Pacifico.

“Nel 2010 – continua il sindacalista, che ripercorre il lungo iter giudiziario avviato proprio dall’Anief – si attiva la prima procedura d’infrazione, ancora in corso, contro lo Stato italiano per la mancata stabilizzazione di un supplente ATA; negli anni successivi sono in migliaia i precari docenti e ATA che inoltrano agli uffici della Commissione denunce circostanziate sulla violazione della normativa comunitaria”.

La Legge italiana 106/2011 cerca di mettere un argine e deroga espressamente all’esecuzione del diritto dell’Unione per via di ragioni oggettive che nell’estate del 2012 sono state individuate dai giudici di Cassazione nella particolare condizione della scuola italiana: per il nostro Stato, i precari sarebbero addirittura “fortunati”, perché con il servizio accumulano in graduatoria punti per entrare di ruolo. Mentre gli organici non sarebbero prevedibili e il pareggio di bilancio imporrebbe risparmi.

“Tutti motivi – sottolinea Pacifico – che la Corte europea nelle cinque cause riunite oggi e rinviate dal giudice Coppola del lavoro di Napoli e dalla Consulta ha ritenuto inesistenti, condividendo le tesi dell’Avvocato generale, della stessa Commissione e dei legali Ganci, Miceli, Galleano, De Michele che rappresentano per l’Anief i ricorrenti: in primo luogo, il fare punteggio non garantisce l’immissione in ruolo come si è dimostrato con i numeri forniti dai legali dell’Anief; in secondo luogo, sempre dalle carte risultano ogni anno chiamati centinaia di migliaia di supplenti; infine, le ragioni finanziarie non possono comprimere diritti inalienabili, ancorché vere visto che il costo della chiamata dei precari avrebbe di fatto aumentato di due terzi la spese corrente”.

“Il Governo, temendo le conseguenze della sentenza, è già corso ai ripari: nel piano di riforma “La Buona Scuola” – prosegue il sindacalista – ha previsto un piano di assunzioni di tutti i docenti inseriti nelle Gae (150mila), principio ribadito nel disegno di legge di stabilità 2015. Eppure rimangono esclusi i 100mila docenti che sono abilitati ma non inclusi nelle Gae nonché i circa 20mila ATA chiamati in supplenza annuale che potranno ricorrere al giudice del lavoro. Ma anche chi è stato assunto può portare in tribunale lo Stato italiano per aver violato sistematicamente le norme comunitarie”.

Ma l’Anief non si ferma e annuncia ricorsi per l’applicazione del principio della parità di trattamento impugnando i decreti di ricostruzione di carriera che riconoscono solo parzialmente il servizio pre-ruolo, come la tabella di valutazione dei titoli dei servizi delle domande di mobilità. Sarà richiesto, come già riconosciuto dalle Corti di Appello, il pagamento degli scatti di anzianità per il periodo di precariato nonché le mensilità estive per un ammontare che potrà essere superiore a 20mila euro.

Il giovane sindacato impugnerà anche il CCNL del 4 agosto 2011 perché costringe i neo-assunti dopo il 2011 a percepire uno stipendio da precari praticamente a vita, considerato l’accordo sindacale che garantisce l’invarianza finanziaria contro una precisa sentenza della stessa Corte di giustizia e le intenzioni del Governo di abolire gli scatti di anzianità.

I legali dell’Anief non si fermano qui: grazie alla collaborazione con Radamante, Prodirmed e Confedir hanno annunciato l’avvio di ricorsi per tutti dipendenti e dirigenti medici del pubblico impiego perché la sentenza avrà effetti sul sistema di assunzioni nell’amministrazione pubblica.

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