TORINO: Clamoroso autogol del MIUR in Tribunale.
Succede anche questo nelle aule dei Tribunali quando il MIUR si scontra con i legali dell’ANIEF; pur di non riconoscere il palese diritto di un nostro iscritto all’immissione in ruolo retrodatata al 2009/2010, il MIUR chiede la chiamata in causa delle “code” e il Giudice non solo dichiara il diritto all’immissione in ruolo del ricorrente, ma accerta di conseguenza anche quello degli altri 17 docenti costituitisi in giudizio contro il Ministero e al fianco del ricorrente. Si è, così, verificato, grazie alla pretestuosa richiesta del Miur, un “effetto moltiplicatore” del diritto all’assunzione a tempo indeterminato degli altri docenti (tutti, ovviamente, al pari del ricorrente, con più punti degli effettivi immessi in ruolo nel biennio 2009/2011).
Sembrava una normale causa “pettine” da cui ci si aspettava la solita condanna del MIUR al riconoscimento del diritto del ricorrente alla retrodatazione del ruolo con relativa condanna alle spese di lite e il biasimo per aver generato e prolungato colposamente un contenzioso inutile e dispendioso. L’Amministrazione resistente, invece, come al suo solito aveva prodotto domanda di approfondire la questione “della posizione della parte interessata rispetto a quella di tutti i colleghi che con un inserimento anch’essi a pettine nella graduatoria di interesse avrebbero potuto ottenere una posizione più favorevole rispetto al ricorrente e tale da escludere il diritto di costui alla retrodatazione richiesta”; il Giudice ha, perciò, provveduto a notificare gli atti di causa a tutti i soggetti indicati dal MIUR in modo che potessero intervenire con il preciso scopo, così come richiesto dal Ministero resistente, “di comprendere la presenza di un asserito loro diritto che fosse in contrasto con quello del ricorrente”.
All’atto della costituzione di ben 17 docenti – tutti con punteggio superiore a quello dei docenti effettivamente immessi in ruolo dal MIUR nel biennio 2009/2011 – questi si schieravano non contro, ma al fianco del ricorrente e reclamavano le immissioni in ruolo retrodatate in virtù proprio di quel “tutti a pettine” più volte e insistentemente richiesto in giudizio dal MIUR. Clamorosamente, però, il Ministero dell’Istruzione, posto davanti a quei docenti “di coda” inseriti “a pettine” per sua precisa richiesta ha, così come riportato chiaramente in sentenza, “espressamente rifiutato la accettazione del contraddittorio”! Il MIUR, quindi, ritrovandosi di fronte alla situazione che esso stesso aveva più volte reclamato “in potenza”, al mero scopo di presentare degli argomenti in opposizione al giusto diritto soggettivo vantato dai ricorrenti ANIEF, ha praticamente fatto “marcia indietro” dichiarando di “non voler sentire” le ragioni e i diritti di coloro i quali aveva evocato in giudizio.
E, in effetti, i Tribunali di tutta Italia avevano intuito il carattere pretestuoso della richiesta del MIUR, e si erano espressi aderendo alla tesi del Giudice del Lavoro di Torino, Dott. Aprile, secondo cui “l’argomento non può essere proficuamente seguito; la circostanza cui allude parte convenuta, infatti, risulta del tutto ipotetica ed eventuale e, soprattutto non può da sola interdire rimettendolo e condizionandolo al possibile e non attuale contegno di altri soggetti l’esercizio di un diritto soggettivo pieno, posto altresì che non risulta affatto provato che tutti coloro che il MIUR pretenderebbe di inserire ” a pettine” abbiano proposto ricorso innanzi al TAR e abbiano chiesto di essere così inseriti nella graduatoria a esaurimento. D’altra parte, il fatto stesso che il Giudice amministrativo abbia (incontestatamente) investito della questione il Giudice ordinario del lavoro, lascia evidentemente intendere che, nella fattispecie, si fa questione di diritti soggettivi e che, di conseguenza, assume rilevanza nel presente giudizio unicamente il momento lesivo di tali diritti (corrispondente all’inserimento della ricorrente “in coda” anziché “a pettine”) e non possono perciò essere presi in considerazione profili ulteriori e di per sé riguardanti, per così dire, la ‘ricostruzione’ di una nuova (e, per di più, del tutto virtuale) graduatoria” .
L’avventato tentativo di voler negare il diritto dell’iscritto ANIEF alla corretta retrodatazione del ruolo attingendo dalla graduatorie 2009/2011, ha avuto, quindi, come unica conseguenza quella di creare un “effetto domino” del diritto all’immissione in ruolo. Il MIUR, di conseguenza, non potrà far altro che presentarsi in giudizio e rimodulare (si spera) le sue teorie, quando instaureranno il contenzioso “Pettine” gli altri 17 docenti da lui stesso chiamati in causa, cui il Giudice ha riconosciuto di poter “avanzare specifica domanda […] così da consentire l’apprezzamento dei diritti in maniera individuale”.
Quando sostiene in giudizio le sue “suggestive” tesi, il MIUR farebbe bene anche a valutarne le dovute conseguenze – nella denegata ipotesi che qualcuno possa accontentarlo – in modo da evitare nuovamente di trovarsi in evidente imbarazzo di fronte a un Giudice, e costretto a dover ammettere che la propria linea di difesa era stata portata avanti solo pour parler! Ogni commento alla disavventura del MIUR in Tribunale sembra superfluo; torna alla mente solo il detto, di boccaccesca memoria, che chiosa, alla fine dell’avventura, “lo ‘ngannatore rimane a piè dello ‘ngannato”.
E rimane quasi il rammarico che altri Tribunali non abbiano dato retta al MIUR: evocando le “code”, infatti, i ricorrenti avrebbero comunque mantenuto il diritto all’immissione in ruolo e, in più, tantissimi altri docenti delle graduatorie aggiuntive, schierandosi al fianco dei ricorrenti ANIEF, avrebbero potuto ottenere l’assunzione a tempo indeterminato. Il Ministero, quindi, dovrebbe solo ringraziare la buona sorte visto che le sue masochistiche linee difensive non sono state, finora, accolte.
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Alessandria – Il Tribunale riconosce gli scatti ai precari
Anche il Tribunale di Alessandria riconosce il diritto del docente precario alla scatto biennale ex art. 53 legge 312/80. La sentenza di Alessandria conferma la scia positiva nei tribunali del Piemonte.
Sull’argomento si rammenta che anche la Corte di Appello di Torino è intervenuta con numerose sentenze di conferma delle decisioni di primo grado